Verso fuori.

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η Carinae HI-RES!

Tra le immagini del telescopio spaziale Hubble, mi è sempre piaciuta in particolar modo quella della nebulosa della Carena presa nell’aprile del 2007. Ho già ampiamente discusso di questa immagine in un precedente post, al quale potete accedere mediante la pagina “Hubble”.

Eta Carinae

Però, non ero mai riuscito, sul mio computer, a vedere l’immagine nella sua grandezza reale. La ragione è semplice: non ce la fa. L’immagine è, infatti, un TIFF di 500 Mb, e un ThinkPad di 6 anni fa ha scarse probabilità di riuscita…

Globulo di Bok

Avevo risolto il problema telefonando ad un amico che ha un nuovo portatile HP e facendogli scaricare i 500 Mb di immagine (tanto il suo portatile ha un disco da 120 GB!). Naturalmente, su quell’elaboratore, l’immagine veniva rappresentata a meraviglia…

Oggetto di Herbig-Haro

Capirete, però, che potersi guardare la foto in pace senza uno che continua a fare salamelecchi a compiz, un programma per linux, è decisamente meglio. Ho quindi trovato le seguenti soluzioni al problema:

  • Comprare un nuovo computer con Windows Vista Super Pro Home Ultimate Service Pack 12 per visualizzare l’immagine.
  • Scaricare Google Earth, accedervi e utilizzare la modalità Google Sky per raggiungere la nebulosa della Carena.
  • Puntare il vostro browser su www.spacetelescope.org, selezionare “images” e scrivere “heic0707” nel campo di ricerca. Selezionare l’immagine “Star birth in the extreme” e, una volta caricata la pagina, cliccate su “Zoomable” in basso a destra.

Giovani Stelle nella nebulosa

Se la prima soluzione è evidentemente¹ uno scherzo, le seconde due sono invece applicabili e applicate: dal sito ho ricavato l’immagine di testata del sito, mentre con Google Sky ho ricavato le immagini che vedete in questo post. Il trucco funziona perché sia l’applicazione flash del sito che Google Sky caricano l’immagine a pezzettini, così è possibile vedere i singoli dettagli da molto vicino.

Globulo di Bok

Concludendo, speriamo che la missione di riparazione di Hubble, rimandata per l’insorgere di nuovi problemi, riesca a ripristinare il nostro telescopio preferito.

Spitzer Space Telescope (1)

Spritzer Space Telescope

Il telescopio spaziale Spitzer, prima del suo lancio – Spitzer Space Telescope, before its launch

Il telescopio spaziale Spitzer, anche se molto meno conosciuto di Hubble, è comunque uno degli strumenti scientifici che hanno dato più risultati negli ultimi anni. Se infatti il campo visuale di Hubble va dal vicino infrarosso all’ultravioletto, Spitzer raccoglie informazioni da tutta la radiazione infrarossa, quella che, per intenderci, emettono i corpi a bassa temperatura. Lo stesso corpo umano emette raidazioni infrarosse: è come se noi brillassimo come tante lampadine, ma i nostri occhi non possono vedere questa luce.
Beside Spitzer Space Telescope is less known than Hubble, it’s one of the scientific instrument which gave us very important informations during the last years. In fact, Hubble can see only light from the near infrared radiation to ultraviolet one. Instead, Spitzer takes its informations from all the infrared radiation, which is emitted by cold bodies. Human body itself emits infrared radiation: we shine just as like as many light bulbs, but we can’t see our light.

L’utilizzo di queste particolari lunghezze d’onda permette di andare oltre le barriere della luce visibile: un po’ come, utilizzando gli infrarossi, si vedono gli oggetti anche al buio, lo stesso vale per le stelle nelle nebulose: il gas che le nasconde nelle immagini di Spitzer “sparisce”, e così si possono vedere cose altrimenti invisibili.
Using light at this wavelenght make us capable to see beyond barriers of visible light: in the same way that, using infrared light, we can see things in the dark, we can also uncover stars in nebulae: the gas which hides them “disappears” in Spitzer’s images, and so we can see details which otherwise would be invisible.

La Nebulosa Aquila vista da Hubble (sopra) e Spitzer (sotto) – Eagle Nebula as it’s seen by Hubble (above) and Spitzer (below)

Come vedete, il gas interstellare che sta formando le stelle nella nebulosa aquila diventa una nebbiolina verde attraverso la quale è possibile vedere ciò che c’è dietro. Ciò che è più importante in quest’immagine, però, è il colore rosso al centro. Il rosso corrisponde ad una regione di gas e polveri molto più calda: qual’è può essere l’origine di questo calore?
As you can see, gas which is forming new stars in eagle nebula becomes a green fog through which we can see what is behind it. But the most important thing in this image is the red color in the centre. Red stands for a region of dust and gas much hotter: what’s the origin of this warm temperature?

Proprio dove ora c’è quel gas, tra gli 8000 e i 9000 anni fa è esplosa una supernova: la sua onda d’urto ha scosso per bene la nebulosa ma, visto che questa dista da noi 7000 anni luce, non abbiamo ancora visto le sue conseguenze. Tra 1000 o 2000 anni (qualdo saremo capaci di vedere la luce che lasciò la nebulosa 6000-5000 anni fà) vedremo l’onda d’urto raggiungere le famose “tre dita” (poco più a destra del centro): queste saranno distrutte e, in un crogiolo di stelle che esplodono, se ne formeranno di nuove. Questa scoperta sarebbe stata impossibile attraverso la luce visibile: non avremmo mai saputo della regione più calda.
Where now there is that hot gas, a supernova exploded 8000-9000 years ago: its shock wave shaked the nebula a lot, but, because of the nebula is 7000 light years from the earth, we have not yet observed its consequences. In 1000 or 2000 years (when we’ll be able to see light that leaved the nebula 6000-5000 years ago), we’ll see the shock wave reaching the famous “three fingers” of the nebula (a bit right from the centre of the image): these will be destroyed and, between exploding stars, many new others will born.

Spero di aver fatto una buona introduzione ad uno strumento di grandissima importanza, che continuerò a seguire come ho fatto per Hubble. Ciao!
I hope I’ve made a well introduction to this very important instrument, that I’ll follow in my website as I actually do with Hubble. Bye!

Acqua su Marte!

Non è passato neanche un mese dall’atterraggio della sonda Phoenix su Marte e già abbiamo i primi importanti risultati scientifici. La sonda ha confermato la presenza di ghiaccio d’acqua poco sotto la polverosa superficie marziana:

Ghiaccio su Marte   Ghiaccio su Marte Sublimato

Due foto fatte a qualche giorno di distanza: nella prima, in basso a sinistra nello scavo, sono presenti delle piccole palline di ghiaccio che nella seconda non sono più presenti. Il ghiaccio è sublimato.

Ecco due fotografie dell’ SSI, il Surface Stereo Imager che è il vero e proprio “occhio” della sonda. Queste fotografie sono state fatte a distanza di quattro giorni: si vede chiaramente che, all’interno dello scavo, dei piccoli oggetti, che nella prima foto sono in basso a sinistra, nella seconda sono scomparsi. Quando si dice “vita su Marte”… 😉 Naturalmente, non c’è nessun marziano in grado di smuovere sassi: quelli che Phoenix sta cercando, gli unici che possono esserci, sono dei microorganismi.

Questa scoperta, dal canto suo, è molto importante: in effetti, gli oggetti scomparsi erano fatti di ghiaccio d’acqua, che, con le bassi pressioni dell’atmosfera marziana, è sublimato. Anche la sostanza lucente più in alto è ghiaccio: guardando bene, anche la superficie di questa si è ridotta. Phoenix ha quindi già confermato una delle ipotesi per cui è stata construita e mandata sul pianeta rosso: l’acqua su Marte c’è, e a pochi centimetri dalla superficie.

Questo apre la strada a tutta un’altra serie di rilevamenti e analisi per i quali la sonda Phoenix è attrezzata. Che altri composti sono presenti sotto la superficie marziana? Ci possono essere stati, una volta, dei batteri? Forse potremo rispondere presto a queste e ad altre domande.

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