Verso fuori.

Categoria: Astronomia Pagina 3 di 22

L’occhio di Giove

Il 22 marzo scorso, la mattina presto, svegliandomi da sogni inquieti, trovai me stesso nel mio letto in un enorme bacherozzo mutato. Anzi no. Però non riuscivo a riprendere sonno: mancavano pochi minuti alle quattro e io stavo là a rigirarmi sotto le coperte “come un cavàlo sborassà dai pensieri dela vita” (sic).

Alzandomi per andare a bere un po’ d’acqua, vidi dal lucernario della mia camera una cosa buffa: il pianeta Giove stava per tramontare, prossimo alla vetta al monte Priaforà, e se ne stava sospeso sopra al buco che da il nome al monte. Erano le h. 04:01:30 circa. Nel corso della giornata seguente, ho calcolato, usando le coordinate geografiche di casa mia e del foro del Priaforà, le altezze reciproche e la posizione di Giove, dove e a che ora mi sarei dovuto trovare per beccare il pianeta dentro al buco.

La mattina successiva (23 marzo) la sveglia suona alle tre e mezza. Io la spengo e mi riaddormento. Andrà meglio il giorno dopo: con uno scarto di soli sette metri rispetto alla posizione calcolata, Giove attraversa il foro del Priaforà mutandolo (stavolta davvero) per pochi secondi in un occhio luminoso che scruta la valle (e che tutto vede e tutto sa…).

Il video che ho inserito è una versione accelerata del tramonto: ogni fotogramma è in realtà una foto con una posa di 5s, ritagliata attorno al foro del Priaforà. Le immagini sono state mediate per ottenere uno sfondo neutro e poco rumoroso, sul quale è stato poi rimontato il pianeta e le stelle, nella stessa posizione in cui erano prima. La stessa procedura è stata seguita per il fermo immagine con Giove al centro del buco, qui sotto. Aggiungo anche due immagini che presentano la traccia continua del pianeta, una a colori e l’altra in bianco e nero.

Accanto a Giove c’erano anche i suoi quattro satelliti. Callisto tramonta prima di Giove sulla destra, Io precede di pochissimo il pianeta gigante ed Europa lo segue ravvicinato ed è l’ultimo a scomparire, dentro al foro; Ganimede è nascosto dalla luce troppo intensa di Giove. Potete vedere una presentazione interattiva della sequenza, dove i satelliti si distinguono bene, a questo indirizzo: Giove JS. Dovete avere un po’ di pazienza finché il browser carica le immagini, poi potete anche ingrandirle. L’intero passaggio nel buco, nella realtà, è durato poco più di 10 secondi.

Questa sequenza, assieme a quelle della Luna e del Sole, che tramonta sul buco nelle prime decadi di Aprile e di Settembre, compone un bel terzetto. L’occhio del Priaforà ospita di volta in volta astri diversi. Non mi resta che aspettare che ci passino attraverso Venere, Marte e Saturno!

Ed ora torno a dormire…

L’estate

La Via Lattea nel Triangolo EstivoL’estate, coi suoi cieli tenui, la calura dei pomeriggi, il silenzioso vivacchiare delle piante, mi suggerisce sempre l’idea di un seme leggero, sospeso da una bava di vento, che va planando in giro, lentamente. (verso più tumultuosi terreni?)

Luglio prima e poi agosto portano una mite rassegnazione, una lieve eco lontana dell’autunno venturo, più risoluto e turbolento. No, non sono ancora i passati pungenti che visitano dolci il mese di settembre, la quiete bonaria continua, per ora, a rivestire i placidi sensi. Adagio, secondo movimento.

Intendiamoci, non che sia piatta e noiosa. Un nòcciolo traspare tra le frasche: è il sole che cade, ritorna. Ma si fa finta di niente, si va al mare con gli amici a trovare le conchiglie (chissà come stanno!) e stesi sulla spiaggia si fanno discorsi solenni, mentre Vega scorre pian piano lassù. Pare incantata. Che pace.

(La foto è di ieri sera, 12 agosto 2015. Un’ora d’esposizione sulla Via Lattea, nella regione del Triangolo Estivo)

Tesi triennale

È passato un po’ di tempo da settembre scorso e, quindi, c’è bisogno di un piccolo aggiornamento. Come avevo annunciato, mi sono laureato in Fisica e sto ora proseguendo il mio percorso, sempre a Padova, con la laurea magistrale (gli ultimi due anni).

Tesi Triennale

Lo so, lo so già cosa pensate! Non potevi trovare un titolo più corto di “Studio dello spettro VHE della sorgente PKS 1424+240 ed implicazioni sulla propagazione dei raggi gamma da distanze cosmologiche”?! A dire il vero non ci ho neanche pensato; si vede che ero troppo assorto a fare i grafici. L’immagine è un collegamento al pdf originale, se volete darci un occhiata.

In sostanza, ho studiato una lontanissima galassia; tanto lontana, che la sua luce ha impiegato 6 miliardi di anni per giungere fin qui da noi (e ciò significa, a pensarci bene, che quando è partita non esisteva neppure il Sole). Questa galassia irradia due getti di particelle a velocità prossime a quella della luce dalle sue regioni centrali, dove dovrebbe esserci un grosso buco nero. In questi getti sono presenti anche dei fotoni ad alta energia (raggi X) che, a forza di essere colpiti dalle particelle energetiche, acquistano energia, un po’ come se fossero delle biglie (si chiama “effetto Compton Inverso”). Ne ricevono così tanta che entrano nella regione gamma dello spettro elettromagnetico, la porzione più energetica e penetrante.

Questi getti (e la luce che è in essi) hanno una direzione molto ben collimata; il fatto è che nel caso di PKS 1424+240 essa punta casualmente proprio in direzione della Terra! Niente paura, non c’è pericolo di essere abbrustoliti dalle radiazioni gamma, di oggetti simili ne esistono centinaia e vengono chiamati “blazar”. Giunge sul nostro pianeta una quantità minima di radiazione che, anche se molto energetica, viene assorbita dall’atmosfera.

Infatti quando questi fotoni si ritrovano nelle vicinanze di una molecola d’aria e ne vengono perturbati, la loro energia è tale che si generano delle particelle di materia (elettroni e positroni) a scapito della quantità di moto del fotone (c’è un vecchio post qui, scritto prima che entrassi all’Università, che parla di come ciò accada). Queste particelle sono a loro volta ancora molto energetiche e così ne generano altre e altre ancora, in un processo a cascata. Arriva il bello: molti di questi elettroni si muovono a velocità prossime a quelle della luce nel vuoto c, che, finora, si è sempre dimostrato essere un limite insuperabile. La velocità della luce nell’aria, però, è più piccola della velocità della luce nel vuoto, in ragione di un fattore che si chiama “indice di rifrazione”. Nella vita comune, proprio la differenza tra gli indici di rifrazione dell’aria e di altri materiali consente alle lenti di ingrandimento di funzionare, ai prismi di scomporre la luce, alle gocce d’acqua di generare arcobaleni. La velocità della luce in un mezzo materiale non ha nulla di speciale rispetto alle altre velocità possibili e può benissimo essere superata.

Il fenomeno che si presenta è simile al boato che producono gli aerei supersonici. In questo caso quello che si vede è un bagliore di luce azzurra, la luce Čerenkov (e il fenomeno il atto si chiama, con molta arguzia, “Effetto Čerenkov”). È osservando questi baleni azzurri nel cielo notturno con telescopi enormi che si riesce a capire da dove è arrivato il raggio gamma iniziale e che energia aveva. Ho usato i dati finali dei due telescopi Čerenkov MAGIC (https://magic.mpp.mpg.de/) per determinare il flusso di energia di questa lontana galassia. I telescopi sono sulle isole Canarie a più di 2000 metri di quota. Eccone una foto suggestiva:

Magic II

Ma non è ancora finita! C’è persino una parte poetica! Durante il loro tragitto fino alla Terra, i fotoni più energetici di una certa soglia, che di solito viaggiano indisturbati poiché sono molto penetranti, vengono assorbiti per la gran parte. Ciò avviene perché durante il percorso producono delle coppie di elettroni e positroni “scontrandosi” con delle altre particelle; queste ultime sono in realtà altri fotoni, per strano che possa sembrare (riuscite a figurarvi un raggio di luce che si scontra con un altro e casca per terra?). Questi secondi fotoni fanno parte di un fondo di luce che è diffuso in tutto l’Universo ed è composto, in ultima analisi, da tutta la luce emessa da tutte le stelle che sono esistite ed esistono in tutto l’Universo, fin da quando si sono formate. Immaginate questa luce, che da milioni di millenni viaggia e si espande nel vasto e splendente nulla: luce di stelle lontane, riflessa chissà quante volte su pianeti di tutti i tipi, come la luce del sole sulle onde del mare o sulle cime eterne delle montagne. Luce di cieli di tutti i colori, assorbita da vaste nubi e riemessa poi nel campo infrarosso.

Il tepore di questa luce è invero piuttosto gelido, visto che, contando anche il contributo (dominante) della radiazione di fondo di micro-onde, la sua temperatura è di circa 270 °C sotto zero. Pazienza, non si può aver tutto.

Tornando ai raggi gamma, che durante questa divagazione personale si sono un po’ annoiati, per riuscire a capire qual era il loro flusso in origine, cioè prima che venissero assorbiti dal fondo di luce extragalattica, si deve calcolare quanto questo fenomeno conti alle varie energie e cercare di estrapolare l’intensità iniziale.

La sorpresa è tutta qui: la sorgente che ho analizzato, PKS 1424+240, assieme ad un’altra simile, 1ES 0414+009, sembrano avere un emissione di energia che si mantiene piuttosto alta e non dà segno di calare anche per energie altissime (dell’ordine del TeV, per chi sa cosa significa), al contrario di quello che succede con altri oggetti simili. Questo può significare che sono particolari, come propongo nella conclusione della tesi, oppure che da qualche parte nel ragionamento c’è uno sbaglio: la radiazione gamma potrebbe interagire in modi che non conosciamo, oppure il fondo di luce extragalattica potrebbe avere (o avere avuto nel passato) proprietà diverse da quelle che si pensavano sin’ora. Solo portando avanti la ricerca si potrà scoprire quale possibilità è quella giusta.

Se volete altre informazioni, potete certamente leggere la tesi! La parte introduttiva sui concetti generali non è molto difficile. Se volete invece delle informazioni più dettagliate sui telescopi Čerenkov, il già citato sito di MAGIC ne è pieno. Naturalmente durante tutto il lavoro sono stato seguito da degli ottimi relatori: sono il prof. Mosè Mariotti, la dott.ssa Elisa Prandini e la dott.ssa Cornelia Schultz. Il loro contributo è stato più che essenziale per lo svolgimento del lavoro e debbo ringraziarli molto.

Dunque, dovrei pubblicare ancora un po’ di cose, ma sono in mezzo alla sessione d’esami. Dovrebbero arrivare presto alcune astrofotografie che ho scattato nei mesi scorsi (vi piacciono i nuovi colori dell’intestazione?). Spero di poterlo fare a breve!

PKS 1424+240 dal Monte Toraro

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