Fuere

Verso fuori.

M27 – Nebulosa Planetaria nella Volpetta

Ecco una nuova foto: questo è un altro oggetto estivo, la celebre nebulosa planetaria M27, detta anche “Nebulosa Manubrio” o “Nebulosa Campana Muta” (questo secondo nome deriva probabilmente da una traduzione fuorviante dall’inglese). Della formazione delle nebulose planetarie ho già parlato in un articolo recente (questo), quindi senz’altri indugi ecco la fotografia!

M27 - Nebulosa della VolpettaDevo dire che secondo me questa è venuta bene. Si può certamente migliorare ancora (in questo caso il fattore limitante era il vento) ma ciò non toglie che sono soddisfatto di quel che ne è uscito, considerando il lavoro che ho fatto. Ho infatti acquisito 6813” di luce (1h53’33”) a 1600 ISO, divisi in 19 pose da circa 6′ ciascuna e poi altre 8 immagini per registrare il rumore termico. Questa volta ho preferito usare il piccolo Maksutov-Cassegrain della Intes alla sua focale nativa, 1250mm (f/10): nonostante l’ingrandimento maggiore, il sistema di autoguida con la nuova lente di Barlow è riuscito a star dietro alle stelle.

L’elaborazione è stata peggiore che star là fuori al freddo sui monti, mi ci sono volute 12 ore per tirarla fuori. Dopo aver allineato e mediato le foto, ho applicato un algoritmo di deconvoluzione del software IRIS per “desbrodolare” le stelle. A giudicare dal risultato direi che è riuscito: sfortunatamente funziona solo con immagini quadrate e il cui lato sia una potenza di 2, percui ho elaborato solo la parte centrale della foto con la nebulosa, per poi riunirla con il resto a fine lavoro.

Di solito, piuttosto che sommare le immagini, preferisco mediarle e poi moltiplicarle per un fattore costante che va da 1 (mi tengo la media così com’è) al numero di pose N (ricostruisco la somma), perché così è più facile controllare il rapporto del segnale sul rumore e che le zone luminose non vadano in sovraesposizione. Con valori intermedi tra 1 e N ottengo immagini che hanno un certo “grado di media” e un certo “grado di somma”: ad esempio, mediando sei immagini da 10′ e moltiplicando il risultato per 2 ottengo la stessa luminosità che avrei ottenuto con una posa da 20′, ma con un rapporto segnale su rumore migliore del 73%! Per questo conviene sempre, secondo me, non fermarsi quando con le pose si raggiunge il tempo di esposizione desiderato e continuare a prenderne altre, per migliorare il rapporto S/R.

In questo caso, siccome la nebulosa ha zone molto luminose e altre che lo sono meno, invece di usare un solo fattore moltiplicativo… ho usato una funzione!! Ho cioè costruito una maschera di luminanza che ho applicato alla fotografia, per determinare quali regioni dovessero essere moltiplicate per un numero maggiore (perché erano meno luminose) e quali per un numero minore (perché andavano già bene così). Se qualcuno dei lettori s’intende di fotografia, ho fatto un’operazione simile alla somma HDR, partendo da una sola immagine e ripetendo indipendentemente il processo per il canale rosso, la cui distribuzione nella foto è molto dissimile da quella del verde e del blu. Il motivo ci ciò è che i due gas dominanti nella nebulosa emettono luce di colore diverso: l’idrogeno emette luce rossastra, mentre l’ossigeno una luce verdazzurra che eccita sia i fotorecettori blu che quelli verdi. Qui ho caricato un confronto della foto a vari stadi del processo di elaborazione.

Siccome tra due settimane mi laureo (!!!) non credo avrò tempo di inserire altri contenuti prima della data fatidica. La mia tesi di laurea triennale si è incentrata sull’analisi di una sorgente extragalattica di raggi gamma, PKS 1424+240, attraverso i dati del telescopio Čerenkov MAGIC. Prometto che, dopo la laurea, la inserirò qui e ne darò una descrizione più divulgativa.

A presto!

NGC6992 Velo

E infine, dopo la nebulosa mista a emissione, riflessione, oscura e dopo la nebusola planetaria, manca solo lui: il resto di supernova! In questo caso si tratta del settore orientale della nebulosa Velo, nella costellazione boreale del Cigno.

Nebulosa Velo NGC6992Qualcuno potrbbe pensare che abbia deciso di fotografarla per simpatia per il mio paesino (Velo d’Astico), ma oltre a questo l’oggetto è molto interessante. Con vostro sommo orrore, riprendiamo la discussione fisica dell’articolo precedente, sulla planetaria dell’Elica.

NGC7293 Elica

Dopo aver fotografato la nabulosa Trifida, nella notte tra il 30 e il 31 luglio scorso, ho deciso di lanciarmi su un altro oggetto australe: la nebulosa Elica, una planetaria che si trova nella costellazione dell’Aquario. Essa ha circa la stessa declinazione di M20 e quindi analoghi sono i problemi per via dell’altezza sull’orizzonte.

Nebulosa Elica (NGC7293)La nebulosa planetaria dell’Elica è ciò che resta dopo la fine del ciclo di vita di una stella con massa paragonabile a quella del Sole. Quando stelle così piccine (per mo’ di dire!) terminano la combustione dell’Elio in Carbonio (dal quale riescono a produrre anche altri elementi leggeri come l’Ossigeno e lo Zolfo) si gonfiano finché gli strati più esterni non si disperdono nel cosmo circostante assieme agli elementi prodotti dalla stella, formando la nebulosa. In alcuni testi divulgativi l’evento è chiamato “morte della stella” ma non ho mai sopportato questa espressione, per due ragioni: primo, è un caso di antropomorfizzazione; secondo, anche se accettiamo per un istante e con le dovute cautele di trattare la stella come se fosse un animalaccio strano, essa non è affatto morta! Anzi, è visibile nella fotografia, al centro della nebulosa, novella nana bianca!

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